Il modo migliore per difendere le foreste dallo sfruttamento insostenibile, è dare più diritti e responsabilità alle popolazioni che le abitano da decenni e da cui dipendono. Le uniche davvero interessate a proteggerle.
Quando pensiamo a parchi, riserve e aree naturali protette, subito ci vien voglia di tirare un sospiro di sollievo perché immaginiamo che la foresta custodita al loro interno venga finalmente lasciata in pace, libera dallo sfruttamento dell’uomo. L’istituzione di santuari della biodiversità è senz’altro un’arma potente per difendere il patrimonio boschivo e forestale presente sulla Terra, ma ci sono molti studi che mettono in evidenza un altro aspetto, ancora più efficace: il ruolo delle popolazioni che abitano al suo interno.
Più diritti contro i cambiamenti climatici
Le tribù e le comunità locali che da secoli abitano all’interno delle foreste sono i loro migliori guardiani perché le rispettano, se ne prendono cura e le difendono dalle minacce esterne, da altri uomini mossi dal solo profitto generato dagli alberi. Il World Resources Institute (WRI) e la Rights and Resources Intiative hanno pubblicato lo scorso anno un rapporto dal titolo Securing Rights, Combating Climate Change che dimostra, dati alla mano, che per ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera causate dalla deforestazione e dal consumo di suolo (circa l’11 per cento del totale delle emissioni che vengono rilasciate in un anno) bisogna aumentare i diritti di sfruttamento delle risorse naturali e le responsabilità delle comunità che dipendono direttamente dagli alberi dal punto di vista economico e alimentare.
Esistono molti esempi di foreste controllate dalle comunità locali dove il tasso di deforestazione è molto più basso rispetto alle aree dove l’uomo è tenuto lontano. Secondo lo studio del WRI, dal 2000 a oggi il tasso di deforestazione fuori dai territori indigeni brasiliani è stato del 7 per cento. Al loro interno è stato dello 0,6 per cento. Esempio analogo anche in Messico, dove le comunità che vivono nella penisola dello Yucatán hanno ottenuto risultati duecento volte migliori rispetto a quelli ottenuti dalla semplice istituzione della Riserva della biosfera di Calakmul, terra dei Maya.
L’interesse positivo
“Le comunità che hanno diritto alle risorse le conservano, quelle che non ce l’hanno non hanno motivi per preservarle: ecco spiegata la deforestazione”, ha detto David Bray della Florida International University in un articolo dal titolo To save the rainforest, let the locals take control pubblicato su New Scientist.
Diritti delle comunità locali e tutela delle foreste, dunque, non sono in conflitto. Una tesi che potrebbe cambiare il corso dei negoziati delle Nazioni Unite sul clima (COP21/UNFCCC) previsti a dicembre a Parigi, in Francia. L’attuale meccanismo (Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation, REDD) prevede spesso accordi diretti tra organizzazioni internazionali e imprese tagliando fuori le popolazioni indigene. Eppure, sempre secondo il rapporto del WRI, i territori controllati dalle tribù potrebbero evitare l’emissione di 12 miliardi di tonnellate di CO2 da qui al 2050.