Il caffè è legato in maniera indissolubile all’Etiopia, il suo paese di origine. È stato domesticato sui suoi altipiani, migliaia di anni fa, ed è diventato parte integrante delle tradizioni e dei riti delle comunità. Ecco la storia di quello origianario della foresta etiope.
Ogni famiglia, da millenni, ne tosta le ciliegie, le pesta nel mortaio e offre il caffè seguendo un rito solenne, una cerimonia che dura quasi un’ora e che esprime ospitalità, amicizia e rispetto. Il 90% del caffè etiope è prodotto da piccoli produttori e un 20% si trova nelle foreste, in parte coltivato fra gli alberi, in parte allo stato selvatico.
Un rito antico e comune a poveri e ricchi
Quest’ultima piccola porzione – il caffè selvatico di foresta – è la più preziosa. La preparazione del caffè – parte integrante della vita quotidiana etiope – è una cerimonia suggestiva, che accomuna tutte le classi sociali: l’ospite è accolto da una donna officiante e da un tappeto di fiori ed erba appena tagliata disteso di fronte a un piccolo tavolino, che funge da supporto per le tradizionali tazzine senza manico. I chicchi di caffè, sgusciati, sono lavati e tostati su un braciere, fino a quando non raggiungono la giusta colorazione, e poi mostrati agli invitati. La loro fragranza si diffonde grazie a un delicato movimento delle mani. La polvere ottenuta dalla macinatura nel mortaio è versata nella jabana, la caffettiera tradizionale, ripiena di acqua bollente. Il primo caffè (abol), già zuccherato, si serve alla persona più anziana, poi si passa agli altri due (tona e baraka), ottenuti aggiungendo di volta in volta acqua nella jabana. I tre caffè sono serviti con mais, grano oppure orzo tostato.
Quello di Harenna è Presidio Slow Food
Il 90% del caffè etiope è prodotto da piccoli caficoltori e un 20% si trova nelle foreste, in parte coltivato fra gli alberi, in parte allo stato selvatico. Quest’ultima piccola porzione – il caffè selvatico di foresta – è la più preziosa. Tra le montagne del parco tradizionale del Bale (nella regione dell’Oromia), 350 chilometri a sud della capitale Addis Abeba, la foresta di Harenna è una delle più grandi dell’Etiopia. È qui che, a un’altitudine di circa 1800 metri, cresce spontaneamente all’ombra di alberi ad alto fusto un caffè arabica con straordinarie potenzialità qualitative ancora poco conosciute. Il Presidio di Slow Food racconta di un caffè che non ha niente a che vedere con le classiche piantagioni: le piante di caffè (della specie Arabica) sono sparpagliate e i produttori si spostano, nel sottobosco, raccogliendo le ciliegie selvatiche e riponendole in cesti di vimini legati ai fianchi. Dopo questa fase, il caffè non è lavato (il lavaggio in acqua dei chicchi e la fermentazione sono invece fasi cruciali per i caffè dei Presìdi latino-americani), ma immediatamente posto a essiccare (tecnicamente questa tipologia è definita “caffè naturale”).
Le fasi che hanno portato questo caffè a diventare Presidio
Il Presidio è partito proprio da queste fasi, migliorando sia la raccolta (grazie a una selezione più accurata delle ciliegie mature), sia l’essiccazione, grazie all’acquisto e all’installazione di reti sospese (lettini) su cui sistemare il caffè. Di anno in anno, il profilo organolettico del caffè è migliorato e ora il caffè della foresta di Harenna è sempre più apprezzato da moltissimi torrefattori, sia piccoli e artigianali, sia di scala nazionale e internazionale. Alcuni di loro hanno visitato la foresta e incontrato i raccoglitori, scambiando con loro idee e suggerimenti sulla gestione del prodotto. Oggi i produttori etiopi sono un centinaio, riuniti in due cooperative e, tramite l’Oromia Union, esportano un container di caffè in Italia. È ancora poco, ma è tantissimo se si considera il punto di partenza, quando i produttori mescolavano ciliegie di ogni grado di maturazione, per poi farle essiccare a terra (dove talvolta marcivano in parte, per via dell’umidità) e venderle per pochi birr (la moneta locale) a commercianti di passaggio, senza alcuna organizzazione e senza assistenza tecnica. Dal 2012 il caffè della foresta di Harenna è confezionato con il marchio Slow Food e, nel 2015, è entrato anche in una miscela proposta da Lavazza all’alta ristorazione: Etigua (a base di Harenna e di un altro Presidio, Terre Alte di Huehuetenango, del Guatemala). I produttori, che prima del Presidio raramente uscivano dalla foresta per raggiungere i villaggi vicini, ora partecipano a formazioni ed eventi (ad Addis Abeba ma anche all’estero) e sono regolarmente visitati da giornalisti di tutto il mondo. Un film documentario racconta la loro storia e il loro territorio straordinario.
Quella di Harenna è anche la storia di una rete virtuosa, una rete di esperti come Enrico Meschini cui si deve il lavoro botanico svolto per migliorare la selezione delle ciliegie, di importatori come Equoqui, che si impegnano per garantire un prezzo equo ai produttori, e di torrefattori lungimiranti come Roberto Messineo, che hanno saputo credere nel progetto, riconoscendo al prodotto all’origine un prezzo nettamente superiore rispetto ai caffè comuni. Se la favola del caffè di Harenna è approdata anche da Stratta, il salotto buono di Torino, il merito è anche di queste alleanze virtuose.
Il prossimo appuntamento con il caffè letterario di Slow Food sarà il 26 di agosto, dove si parlerà del caffè delle Terre alte di Huehuetenango.
Il Padiglione di Slow Food si trova in fondo al Decumano, entrata Est Roserio, fermata 7 del People Mover.