Dopo aver preso le redini dell'azienda di famiglia, questa giovane piemontese ha iniziato a recuperare le varietà originali di riso. Ottenendo l'esclusiva della varietà antica Rosa Marchetti, di cui sta ampliando la distribuzione.
Questa è una storia di passione vera. La passione capace di trasformare i sogni più lontani in concrete realtà. In uno scenario non facile per i giovani in agricoltura, infatti, chi vuole intraprendere questo mestiere deve crederci fino in fondo. Questa convinzione ha animato Eleonora Bertolone, titolare dell’azienda agricola Riso di Nori. La sua avventura è iniziata come sfida, dopo la laurea in Economia e un Master agroalimentare a Novara. Prese le redini dell’azienda di famiglia, un appezzamento di 200 ettari, ha iniziato a produrre il riso baldo, che commercializzava in confezioni da 2 kg, recuperandone però la varietà storica. Oggi le varianti originali occupano un 40% del terreno RisodiNori. Ma la vera svolta è iniziata con la riscoperta e la commercializzazione di una variante antica, il Rosa Marchetti, di cui l’azienda ha l’esclusiva e che da sette mesi è disponibile sugli scaffali di una nota catena lombarda.
Come mai ha deciso di puntare sulle varietà antiche?
Le varietà storiche di riso - inizialmente il riso baldo, poi il Sant’Andrea, ora anche il carnaroli, il vialone nano e ora il Rosa Marchetti - sono tutti risi "commercialmente" conosciuti, ma la differenza vera la si può vedere solo in campo. Quelli originali raggiungono un'altezza ben superiore a quelli di più recente introduzione sul mercato, anche se possono fregiarsi dello stesso nome: la normativa infatti li tratta nello stesso modo inserendoli in una comune classe di appartenenza. Le nuove varietà di taglia più bassa sono più produttive, ma per me non vale il principio della quantità, ma quello dell'autenticità del gusto antico, che fa la differenza nella qualità. Per esempio sono piante che si ammalano di meno e con un indice glicemico medio-basso in comparazione con altri risi.
Le varietà storiche di riso - inizialmente il riso baldo, poi il Sant’Andrea, ora anche il carnaroli, il vialone nano e ora il Rosa Marchetti - sono tutti risi "commercialmente" conosciuti, ma la differenza vera la si può vedere solo in campo. Quelli originali raggiungono un'altezza ben superiore a quelli di più recente introduzione sul mercato, anche se possono fregiarsi dello stesso nome: la normativa infatti li tratta nello stesso modo inserendoli in una comune classe di appartenenza. Le nuove varietà di taglia più bassa sono più produttive, ma per me non vale il principio della quantità, ma quello dell'autenticità del gusto antico, che fa la differenza nella qualità. Per esempio sono piante che si ammalano di meno e con un indice glicemico medio-basso in comparazione con altri risi.
Che cambiamenti le hanno richiesto questo tipo di coltivazioni?
Ho dovuto reinterpretare con nuovi strumenti il modo di coltivare: tradizione e innovazione si coniugano perfettamente nella mia azienda. Ho dovuto conoscere il mio riso, capire come utilizzare i nuovi macchinari di cui dispongo e ottenere un buon raccolto nonostante la minore produzione. Corro un rischio, ma allo stesso tempo rispetto il suolo senza portarlo a sfinimento. Preservo il gusto autentico con l’impiego esclusivo di sementi certificate, la semina a file interrate in asciutta, la monda a mano. Si tratta di un processo molto antico e di un lavoro molto duro, che però permette di non ricorrere a diserbanti: per realizzarlo ci siamo avvalsi della collaborazione di tre cinesi. Con tecnici agronomi esterni settimanalmente andiamo in campo per garantire la salute del riso. Lo essicchiamo in impianti di ultima generazione dove il recupero di calore e il processo calibrato riducono al minimo lo stress. L’amido viene stabilizzato per tre mesi nei silos (per i quali ho appena investito 2 milioni di euro) e la lavorazione è a pietra per preservarne le proprietà organolettiche.
Ho dovuto reinterpretare con nuovi strumenti il modo di coltivare: tradizione e innovazione si coniugano perfettamente nella mia azienda. Ho dovuto conoscere il mio riso, capire come utilizzare i nuovi macchinari di cui dispongo e ottenere un buon raccolto nonostante la minore produzione. Corro un rischio, ma allo stesso tempo rispetto il suolo senza portarlo a sfinimento. Preservo il gusto autentico con l’impiego esclusivo di sementi certificate, la semina a file interrate in asciutta, la monda a mano. Si tratta di un processo molto antico e di un lavoro molto duro, che però permette di non ricorrere a diserbanti: per realizzarlo ci siamo avvalsi della collaborazione di tre cinesi. Con tecnici agronomi esterni settimanalmente andiamo in campo per garantire la salute del riso. Lo essicchiamo in impianti di ultima generazione dove il recupero di calore e il processo calibrato riducono al minimo lo stress. L’amido viene stabilizzato per tre mesi nei silos (per i quali ho appena investito 2 milioni di euro) e la lavorazione è a pietra per preservarne le proprietà organolettiche.
Quali sono i prossimi passi?
Il riso è il futuro sia a livello di alimentazione (basti pensare quante intolleranze iniziano a svilupparsi nel nostro organismo) che a livello di ricerche innovative sull’utilizzo degli scarti della lavorazione della pianta: anche io ho cominciato ad attivare analisi e studi in tal senso.
Inoltre, abbiamo individuato altre varietà che chiameremo Violet e Orange, di cui stiamo effettuando la registrazione.
Il riso è il futuro sia a livello di alimentazione (basti pensare quante intolleranze iniziano a svilupparsi nel nostro organismo) che a livello di ricerche innovative sull’utilizzo degli scarti della lavorazione della pianta: anche io ho cominciato ad attivare analisi e studi in tal senso.
Inoltre, abbiamo individuato altre varietà che chiameremo Violet e Orange, di cui stiamo effettuando la registrazione.
Quali difficoltà sta incontrando?
Le istituzioni europee e italiane negli anni hanno sostenuto il settore agricolo che oggi li ripaga con un tasso significativo di crescita occupazionale, soprattutto giovanile. Ma ci sono molti nuovi traguardi da raggiungere, come la certezza temporale dei pagamenti dei contributi come la PAC e semplificazione delle pratiche burocratiche.
C’è bisogno di un pensiero strategico che aiuti a dare seguito alle idee nuove,e che sappia riconoscere un buon investimento.
Le istituzioni europee e italiane negli anni hanno sostenuto il settore agricolo che oggi li ripaga con un tasso significativo di crescita occupazionale, soprattutto giovanile. Ma ci sono molti nuovi traguardi da raggiungere, come la certezza temporale dei pagamenti dei contributi come la PAC e semplificazione delle pratiche burocratiche.
C’è bisogno di un pensiero strategico che aiuti a dare seguito alle idee nuove,e che sappia riconoscere un buon investimento.
Il suo riso ha un nome di donna: ma è facile essere donna e agricoltore?
Non è facile, ma è possibile. Di sicuro non è più così discriminante, e nel network di imprenditrici di cui faccio parte ho incontrato persone molto valide. E devo ringraziare Domenico Marchetti, che ha saputo riconoscere in me la sua stessa passione per il riso, e mi ha dato fiducia.
Non è facile, ma è possibile. Di sicuro non è più così discriminante, e nel network di imprenditrici di cui faccio parte ho incontrato persone molto valide. E devo ringraziare Domenico Marchetti, che ha saputo riconoscere in me la sua stessa passione per il riso, e mi ha dato fiducia.