L'Indice Globale della Fame 2014 ha come tema centrale il problema della fame nascosta dovuta alla carenza di micronutrienti. Un problema che affligge due miliardi di persone in tutto il mondo.
Le persone che soffrono di fame sono in calo nel mondo. Secondo i dati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) sono 805 milioni coloro che ogni giorno assumono una quantità di cibo insufficiente. Il 39 per cento in meno rispetto al 1990. Nonostante questo, la situazione rimane grave in molte aree del mondo dove l’accesso al cibo nutriente rimane difficile.
Cos'è il GHI
L’Indice Globale della Fame 2014 (GHI 2014) è stato presentato in tutto il mondo lunedì 13 ottobre. L’edizione italiana è stata curata dal Cesvi, un’organizzazione umanitaria che opera in 27 Paesi, con il patrocinio di Expo Milano 2015. Secondo il nuovo rapporto, le regioni dove ancora si registrano situazioni allarmanti di fame cronica sono l’Africa subsahariana e l’Asia meridionale. Ma sono queste stesse regioni ad aver migliorato di più la loro condizione.
In Asia meridionale, in particolare, è avvenuto il calo più consistente degli ultimi dieci anni del numero di persone che soffrono la fame grazie agli ottimi risultati dell’India. In totale sono 26 i Paesi che hanno dimezzato il problema, tra questi Vietnam, Thailandia e Ghana. Fanno eccezione lo Swaziland che ha registrato un aumento definito “drammatico” tra il 1990 e il 2014 e l’Iraq, alle prese con una guerra senza fine.
La fame nascosta, e ignorata
Risultati accettabili che hanno consentito al GHI 2014 di spostare l’attenzione su una tipologia di fame spesso ignorata o messa in secondo piano. Quella dovuta alla carenza di micronutrienti, vitamine e minerali, e che colpisce due miliardi di persone in tutto il mondo, inclusi i Paesi industrializzati. Una fame definita nascosta che ha conseguenze sociali ed economiche importanti perché riduce il rendimento, la produttività e quindi il benessere e lo sviluppo.
Iodio, ferro, vitamina A e zinco. Sono questi i micronutrienti principali analizzati dal GHI 2014 la cui mancanza può produrre effetti negativi gravi nel lungo termine, a prescindere dalla quantità di grassi e carboidrati assunta. Tanto che anche questo tipo di fame può riguardare anche persone obese o in sovrappeso.
La definizione di fame nascosta per la Fao
“La carenza di ferro produce apatia, le carenze di zinco e vitamina A aumentano il rischio di malattie, la carenza di iodio diminuisce il rendimento scolastico. Quando queste carenze sono gravi o prolungate, se ne vedono gli effetti nell’aspetto della persona. Così si forma un gozzo in caso di carenza in iodio, mentre poca vitamina A danneggia visibilmente e gravemente gli occhi” afferma Catherine Leclercq, nutrizionista della Fao. “La carenza in ferro, invece, è la forma di fame nascosta responsabile del numero più elevato di malattie e morti. Queste carenze si possono prevenire con strategie incentrate sugli alimenti mediante la diversificazione della dieta e in alcuni casi l’uso di alimenti arricchiti”.
“La vera risposta al problema della fame nascosta passa attraverso un approccio integrato in grado di scardinare il circolo vizioso della povertà, della mancanza di condizioni igieniche adeguate, del rallentamento della produttività e del conseguente arresto della crescita economica” ha detto Giangi Milesi, presidente del Cesvi.
I Paesi che soffrono di fame nascosta, infatti, hanno anche grosse difficoltà a realizzare a pieno il loro potenziale economico. La carenza di micronutrienti incide sul Prodotto interno lordo (Pil) di uno Stato tanto che secondo le stime dell’Unicef, i Paesi in via di sviluppo soffrano perdite comprese tra lo 0,7 e il 2 per cento.
Una dieta varia
Tra le soluzioni, c’è l’aumento della diversità della dieta. “Una dieta a base di cereali, legumi, frutta, verdura e alimenti di origine animale – si legge nel rapporto – costituisce un’alimentazione adeguata per la maggior parte delle persone, anche se certi gruppi specifici, come le donne incinte, potrebbero avere bisogno di integratori”.
L’unico micronutriente a fare eccezione è lo iodio: “La concentrazione di iodio negli alimenti dipende dal terreno in cui sono stati coltivati. La soluzione al problema – secondo Leclercq – è quella consigliata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e cioè l’uso di sale iodato che, però, è più diffuso nelle zone povere del mondo che in Europa dove la sensibilizzazione al problema non è sufficiente. In ogni caso il sale va utilizzato in piccole quantità per evitare l’aumento della pressione arteriosa”.
Soluzioni che, oltre ad azioni specifiche da parte di governi e organizzazioni internazionali, hanno bisogno di essere comunicate per aumentare conoscenza e consapevolezza nella società civile. Due fattori rimarcati dallo stesso Milesi durante la presentazione del GHI 2014, avvenuta presso l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) di Milano, secondo il quale c’è bisogno di cambiare i comportamenti e gli stili di vita al fine di migliorare la salute di uomini e donne. Per le donne cambiare significa anche aumentare, a tutti i livelli, il loro grado di emancipazione.