É la pietra filosofale dell’alimentazione del futuro: la bistecca amica dell’ambiente. O per dirla più scientificamente, proteine animali prodotte in modo sostenibile. Un tema complesso che non poteva mancare all’Esposizione Universale.
Ci son tanti motivi per non mangiare carne e ognuno ha la sua validità (e i suoi limiti). C’è chi è vegetariano per convinzioni religiose, altri per ragioni etiche, altri ancora per scelte salutistiche. Qualcuno persino per moda. C’è poi chi una bistecca ogni tanto la mangerebbe volentieri, ma ci rinuncia perché ritiene che la dieta carnivora sia ingiusta e dannosa per l’ambiente, poiché consuma troppe risorse rispetto a quella vegetale. Quest’ultima posizione è forse la più interessata al dibattito sulla produzione di proteine animali sostenibili, un tema di cui si parla anche a Expo Milano 2015.
Più proteine e più foreste
Uno dei Paesi più avanzati sulla frontiera delle proteine sostenibili è il Brasile. In passato il Paese è stato un sorvegliato speciale, accusato di non contrastare gli allevatori che bruciano la foresta per conquistare nuovi pascoli, pratica diffusa nelle zone periferiche dell’Amazzonia. Ebbene, nell’ultimo decennio non solo la deforestazione ha continuato a diminuire, ma al tempo stesso il Paese è passato dal dover importare carne ad essere uno dei più grandi esportatori. Una svolta resa possibile dal miglioramento genetico delle razze e dal passaggio dall’allevamento estensivo a quello controllato. Tutti questi aspetti sono stati raccontati ad Expo Milano 2015 dalle Brazilian Roundtable, organizzate dal Padiglione del Brasile dal 22 al 25 giugno.
Uno dei Paesi più avanzati sulla frontiera delle proteine sostenibili è il Brasile. In passato il Paese è stato un sorvegliato speciale, accusato di non contrastare gli allevatori che bruciano la foresta per conquistare nuovi pascoli, pratica diffusa nelle zone periferiche dell’Amazzonia. Ebbene, nell’ultimo decennio non solo la deforestazione ha continuato a diminuire, ma al tempo stesso il Paese è passato dal dover importare carne ad essere uno dei più grandi esportatori. Una svolta resa possibile dal miglioramento genetico delle razze e dal passaggio dall’allevamento estensivo a quello controllato. Tutti questi aspetti sono stati raccontati ad Expo Milano 2015 dalle Brazilian Roundtable, organizzate dal Padiglione del Brasile dal 22 al 25 giugno.
Allevare dove non si può coltivare
Parlare di allevamento in astratto rischia di essere fuorviante, perché in realtà esistono tanti tipi di allevamento. Uno dei più diffusi è quello nomade e seminomade, praticato fin dall’antichità nelle zone aride e semiaride, calde e fredde, così come in quelle subpolari. Parlando di questi territori è importante ricordare che si tratta di terre dove per vari motivi l’agricoltura non è praticabile, per cui l’unico modo per produrvi cibo è pascolarvi animali e cioè capre, pecore, vacche, renne, cavalli, yak, lama, cammelli, dromedari etc. Magari si potrebbe pensare che si tratti di economie marginali, ma il pregiudizio salta se si osserva, come fa la FAO, che le zone inadatte all’agricoltura, ma utilizzabili per il pascolo coprono oltre la metà della superficie terrestre. Ed è ancora la FAO a puntualizzare che un uso razionale dei pascoli contribuisce a rendere il suolo fertile, frenare la desertificazione e fissare il carbonio. Per avere un’idea dell’importanza del settore, si può ricordare che una delle principali voci dell’economia della Somalia è l’esportazione di carne, ricavata con metodi seminomadi in territori semidesertici e venduta principalmente ai paesi arabi. Di tutti questi aspetti si è parlato in un incontro organizzato venerdì 26 giugno al Padiglione Francia.
Parlare di allevamento in astratto rischia di essere fuorviante, perché in realtà esistono tanti tipi di allevamento. Uno dei più diffusi è quello nomade e seminomade, praticato fin dall’antichità nelle zone aride e semiaride, calde e fredde, così come in quelle subpolari. Parlando di questi territori è importante ricordare che si tratta di terre dove per vari motivi l’agricoltura non è praticabile, per cui l’unico modo per produrvi cibo è pascolarvi animali e cioè capre, pecore, vacche, renne, cavalli, yak, lama, cammelli, dromedari etc. Magari si potrebbe pensare che si tratti di economie marginali, ma il pregiudizio salta se si osserva, come fa la FAO, che le zone inadatte all’agricoltura, ma utilizzabili per il pascolo coprono oltre la metà della superficie terrestre. Ed è ancora la FAO a puntualizzare che un uso razionale dei pascoli contribuisce a rendere il suolo fertile, frenare la desertificazione e fissare il carbonio. Per avere un’idea dell’importanza del settore, si può ricordare che una delle principali voci dell’economia della Somalia è l’esportazione di carne, ricavata con metodi seminomadi in territori semidesertici e venduta principalmente ai paesi arabi. Di tutti questi aspetti si è parlato in un incontro organizzato venerdì 26 giugno al Padiglione Francia.
Altre proteine da altri animali
Ci sono poi le soluzioni alla radice, che mirano a rivoluzionare tutto il settore introducendo modi completamente nuovi di produrre carne. Per esempio allevando insetti. Un tema che fa discutere, anche perché attualmente non esiste una normativa specifica né in Italia né in Europa. Ci sono però esperienze incoraggianti in varie parti del mondo, soprattutto dove bruchi e coleotteri sono da sempre parte dei menu tradizionali. Su questo punto è intervenuta anche Claudia Sorlini, Coordinatrice del Percorso Agricoltura e Alimentazione di Laboratorio Expo : “Gli insetti sono già una fonte proteica di origine animale ampiamente utilizzata nel mondo, in quanto circa 2 miliardi di persone se ne cibano da secoli, soprattutto in oriente e Africa. Vengono utilizzate quasi un migliaio di specie, ma soprattutto coleotteri e lepidotteri (bruchi) – ha dichiarato Sorlini a margine dell’evento Fonti Proteiche sostenibili - La qualità alimentare è decisamente buona e l'impatto ambientale molto inferiore a qualsiasi altro allevamento. Gli impianti di produzione occupano spazi molto più limitati, producono una quantità di gas serra che, per Kg di prodotto, è quasi 3.000 volte inferiore a quella dei bovini e 300 volte inferiore a quello dei volatili e hanno una capacità di conversione delle proteine vegetali in proteine animali molto più alta di tutti gli altri animali. Gli insetti, oltre che cucinati come frittura, vengono trasformati in farina che viene utilizzata per fare biscotti e altri dolci, ma anche per estrudere pasta come tagliatelle ecc. Problemi di salute? No.” E se è complicato immaginare tutti i consumatori passino facilmente dalla bistecca alla larva, più promettente proporre che gli insetti vengano utilizzati per produrre mangimi. D’altra parte di cosa si nutrono polli e trote, se non di vermetti?
Ci sono poi le soluzioni alla radice, che mirano a rivoluzionare tutto il settore introducendo modi completamente nuovi di produrre carne. Per esempio allevando insetti. Un tema che fa discutere, anche perché attualmente non esiste una normativa specifica né in Italia né in Europa. Ci sono però esperienze incoraggianti in varie parti del mondo, soprattutto dove bruchi e coleotteri sono da sempre parte dei menu tradizionali. Su questo punto è intervenuta anche Claudia Sorlini, Coordinatrice del Percorso Agricoltura e Alimentazione di Laboratorio Expo : “Gli insetti sono già una fonte proteica di origine animale ampiamente utilizzata nel mondo, in quanto circa 2 miliardi di persone se ne cibano da secoli, soprattutto in oriente e Africa. Vengono utilizzate quasi un migliaio di specie, ma soprattutto coleotteri e lepidotteri (bruchi) – ha dichiarato Sorlini a margine dell’evento Fonti Proteiche sostenibili - La qualità alimentare è decisamente buona e l'impatto ambientale molto inferiore a qualsiasi altro allevamento. Gli impianti di produzione occupano spazi molto più limitati, producono una quantità di gas serra che, per Kg di prodotto, è quasi 3.000 volte inferiore a quella dei bovini e 300 volte inferiore a quello dei volatili e hanno una capacità di conversione delle proteine vegetali in proteine animali molto più alta di tutti gli altri animali. Gli insetti, oltre che cucinati come frittura, vengono trasformati in farina che viene utilizzata per fare biscotti e altri dolci, ma anche per estrudere pasta come tagliatelle ecc. Problemi di salute? No.” E se è complicato immaginare tutti i consumatori passino facilmente dalla bistecca alla larva, più promettente proporre che gli insetti vengano utilizzati per produrre mangimi. D’altra parte di cosa si nutrono polli e trote, se non di vermetti?