È un nome familiare a tutti, in Malesia, Chef Wan, da oltre vent’anni, per il suo svolazzante senso del gusto, dello stile e dello show. Infatti, oltre a essere un rinomato chef, è un conduttore televisivo e un facondo scrittore. È qui in Expo Milano 2015, al Padiglione Malesia, per parlarci durante un cooking show di spezie, turismo e felicità. Il cibo è un ponte che collega l’Italia e la Malesia.
Chef, conduttore tv e autore di dodici libri di ricette, Chef Wan - nome d'arte di Redzuawan Ismail - in patria è un’eccellenza, tanto da essersi meritato il titolo onorifico di 'Datuk' conferitogli dal re Yang Di-Pertuan Agong nel febbraio 2010. Riconoscimento a cui è seguito il titolo di ‘Ambasciatore del turismo culinario della Malesia. Non solo cuoco e scrittore, Chef Wan ha anche recitato in film e produzioni teatrali, al punto da esser nominato miglior attore non protagonista al 13esimo Asian Film Festival. È inoltre attivo nel campo della solidarietà, con un supporto continuo a differenti organizzazioni, tra cui la National Kidney Foundation, la campagna 'Save Our Seafood', la National Cancer Society.
Lei ha cominciato la sua carriera lavorativa come bancario, poi ha messo da parte quella carriera per la cucina. Perché?
Sa, ho sempre amato il cibo, sin da quando ero giovane. Ma mio padre diceva: “Oh, sei molto bravo nei tuoi studi, devi diventare questo e quello…”. A quei tempi i genitori erano molto orgogliosi se il figlio era un dottore, un avvocato o un architetto. E, sa, chef, no! Ma io ho sempre amato il cibo: cucinare, cucinare, cucinare! Perciò un bel momento, dopo sette anni in banca, ho deciso: “No, così non mi diverto.” Perché a me piace far felice la gente! Io sono una persona molto felice. Ecco perché trovo che il cibo renda felici le persone. Se sei bravo a cucinare, nutri le persone e la gente è felice. Per questo è molto importante per me: la felicità innanzitutto. Felicità, lavorare sodo e poi il successo. Ma no, la gente dice: no, io lavoro sodo prima di tutto e ho successo, allora sono felice. Io no. Felicità innanzitutto!
Sa, ho sempre amato il cibo, sin da quando ero giovane. Ma mio padre diceva: “Oh, sei molto bravo nei tuoi studi, devi diventare questo e quello…”. A quei tempi i genitori erano molto orgogliosi se il figlio era un dottore, un avvocato o un architetto. E, sa, chef, no! Ma io ho sempre amato il cibo: cucinare, cucinare, cucinare! Perciò un bel momento, dopo sette anni in banca, ho deciso: “No, così non mi diverto.” Perché a me piace far felice la gente! Io sono una persona molto felice. Ecco perché trovo che il cibo renda felici le persone. Se sei bravo a cucinare, nutri le persone e la gente è felice. Per questo è molto importante per me: la felicità innanzitutto. Felicità, lavorare sodo e poi il successo. Ma no, la gente dice: no, io lavoro sodo prima di tutto e ho successo, allora sono felice. Io no. Felicità innanzitutto!
Molti chef già intervistati da ExpoNet, il magazine ufficiale di ExpoMilano 2015, ci hanno rivelato di avere un mantra, una frase che riassume un po’ il senso della loro ispirazione. Per esempio, Davide Oldani ci ha detto “Pensare prima di comprare e pesare prima di cucinare”. E Carlo Cracco: “Se vuoi fare il figo… rispetta ciò che mangi”. E lei, ha una frase simile?
Per me il principio è semplice: il cibo è amore, il cibo è amicizia. Tutto ciò viene dal cuore, molto importante.
Per me il principio è semplice: il cibo è amore, il cibo è amicizia. Tutto ciò viene dal cuore, molto importante.
Direbbe la stessa cosa del clima che si respira qui a Expo Milano 2015?
Sì, anche qui è sempre così. Per me è così sempre, quando la gente si incontra. Quindi questo è il vero spirito di chef per me.
Sì, anche qui è sempre così. Per me è così sempre, quando la gente si incontra. Quindi questo è il vero spirito di chef per me.
Qui in Italia stiamo richiedendo all’Unesco il riconoscimento dell’arte dei pizzaioli napoletani come patrimonio dell’umanità. C’è qualche preparazione alimentare in Malesia che secondo lei meriterebbe lo stesso riconoscimento?
Sì, noi abbiamo un piatto che si chiama nasi lemak, a base di riso. È molto malese. Questo piatto non si trova da nessun’altra parte nel mondo se non in Malesia. Questo piatto piace a tutti, delle diverse culture: che tu sia cinese o indiano… anche gli espatriati che vivono in Malesia amano il nasi lemak. Il nasi lemak è un piatto per la colazione. per il pranzo e per la cena. La gente lo mangia a ogni ora. Proprio come la vostra pizza! A ogni ora! E quando la gente si incontra con gli amici, qui voi mangiate una pizza, noi mangiamo nasi lemak. Quindi il nasi lemak è qualcosa che vogliamo esportare nel mondo! E’ amato da molte culture. Molto importante. Ecco perché: qualcosa di globale, di universale, qualcosa dove tutti si tengono per mano. In questo, la pizza è perfetta!
Sì, noi abbiamo un piatto che si chiama nasi lemak, a base di riso. È molto malese. Questo piatto non si trova da nessun’altra parte nel mondo se non in Malesia. Questo piatto piace a tutti, delle diverse culture: che tu sia cinese o indiano… anche gli espatriati che vivono in Malesia amano il nasi lemak. Il nasi lemak è un piatto per la colazione. per il pranzo e per la cena. La gente lo mangia a ogni ora. Proprio come la vostra pizza! A ogni ora! E quando la gente si incontra con gli amici, qui voi mangiate una pizza, noi mangiamo nasi lemak. Quindi il nasi lemak è qualcosa che vogliamo esportare nel mondo! E’ amato da molte culture. Molto importante. Ecco perché: qualcosa di globale, di universale, qualcosa dove tutti si tengono per mano. In questo, la pizza è perfetta!
Lei ha un ingrediente feticcio?
Quando cucino, io amo usare una varietà di erbe aromatiche fresche, quindi non ne ho uno in particolare perché tutto dipende da quello che faccio. E no anche perché sono molto internazionale. Cucino cibo marocchino, spagnolo, italiano, e cerco di farlo bene. Perciò abbraccio tutte le culture. Per questo è molto importante nella mia cucina in televisione che io faccia di tutto: cucino italiano, cucino francese. Non dimentichi che ho vissuto in America per 14 anni. Sono andato a scuola in America. Il mio passato è sempre stato francese. Naturalmente ho migliorato negli anni. Vado in Toscana, vado in Sicilia per imparare a fare la pasta e gli gnocchi di patate. Quando ho imparato a fare gli gnocchi di patate ero a Brescia. Ventisette anni fa! Questa signora, Mamma Mina, aveva 98 anni e la mattina alle 9 si sedeva in cucina con il vino rosso. E io le dico: “Mamma! Voglio fare gli gnocchi di patate” OK! Prende le patate, le butta dentro, dopo un secondo aggiunge la panna, così, e ci mette le mani, aggiunge farina, un poco di farina, la impasta un po’, prende il coltello e tac, tac, tac!... E poi li cuoce in acqua. E quando dice “Ah, aspetta, è il momento di tirarli fuori!” Li scola e aggiunge un po’ di burro. Poi prende la salvia, quella essiccata, così (creuch!) e poi il Parmigiano Reggiano. E lo mette sul pane. Poi dice “Mangia!”. Io provo e dico “Oh mio Dio! Oh mio Dio! È squisito!”, perché ha fatto tutto bene, con il burro migliore, il miglior Parmigiano, e ha cucinato proprio lei Davvero, anche se beveva tanto vino rosso! 98 anni…
Quando cucino, io amo usare una varietà di erbe aromatiche fresche, quindi non ne ho uno in particolare perché tutto dipende da quello che faccio. E no anche perché sono molto internazionale. Cucino cibo marocchino, spagnolo, italiano, e cerco di farlo bene. Perciò abbraccio tutte le culture. Per questo è molto importante nella mia cucina in televisione che io faccia di tutto: cucino italiano, cucino francese. Non dimentichi che ho vissuto in America per 14 anni. Sono andato a scuola in America. Il mio passato è sempre stato francese. Naturalmente ho migliorato negli anni. Vado in Toscana, vado in Sicilia per imparare a fare la pasta e gli gnocchi di patate. Quando ho imparato a fare gli gnocchi di patate ero a Brescia. Ventisette anni fa! Questa signora, Mamma Mina, aveva 98 anni e la mattina alle 9 si sedeva in cucina con il vino rosso. E io le dico: “Mamma! Voglio fare gli gnocchi di patate” OK! Prende le patate, le butta dentro, dopo un secondo aggiunge la panna, così, e ci mette le mani, aggiunge farina, un poco di farina, la impasta un po’, prende il coltello e tac, tac, tac!... E poi li cuoce in acqua. E quando dice “Ah, aspetta, è il momento di tirarli fuori!” Li scola e aggiunge un po’ di burro. Poi prende la salvia, quella essiccata, così (creuch!) e poi il Parmigiano Reggiano. E lo mette sul pane. Poi dice “Mangia!”. Io provo e dico “Oh mio Dio! Oh mio Dio! È squisito!”, perché ha fatto tutto bene, con il burro migliore, il miglior Parmigiano, e ha cucinato proprio lei Davvero, anche se beveva tanto vino rosso! 98 anni…
C’è un piatto, un alimento che i turisti italiani in Malesia devono assolutamente provare durante il loro viaggio?
In è molto diffuso lo street food. Credo che vada assaggiato il satay, è la carne con la salsa di arachidi. E poi i noodle. Vede, noi abbiamo molte varietà di noodle che vanno provati. Infatti in Malesia il cibo costa molto poco. Paghi un euro o due e il piatto è pieno. Un euro! Un piattone di noodle! Phew! Ecco perché si vedono tanti turisti a mangiare l’anguria. Mezza anguria costa solo 2 euro: mezza! Ananas! Mezzo euro! Per questo vogliamo che la gente viaggi e che venga a trovarci. Perché abbiamo splendide isole, certo, abbiamo foreste, bei mercati e, soprattutto, bellissime persone.
In è molto diffuso lo street food. Credo che vada assaggiato il satay, è la carne con la salsa di arachidi. E poi i noodle. Vede, noi abbiamo molte varietà di noodle che vanno provati. Infatti in Malesia il cibo costa molto poco. Paghi un euro o due e il piatto è pieno. Un euro! Un piattone di noodle! Phew! Ecco perché si vedono tanti turisti a mangiare l’anguria. Mezza anguria costa solo 2 euro: mezza! Ananas! Mezzo euro! Per questo vogliamo che la gente viaggi e che venga a trovarci. Perché abbiamo splendide isole, certo, abbiamo foreste, bei mercati e, soprattutto, bellissime persone.