C'erano dee della fecondità, della natura e dell'agricoltura adorate nell'antica Babilonia, in Medio Oriente, in Egitto, nell'area Minoico-Micenea, a Roma, nell'Europa medievale (e anche fino ai nostri giorni, tra i contadini dell'Europa centrale), nei paesi Celti, nell'antico Messico, tra gli Indiani d'America del nord e del sud, in Africa, in Asia, in Polinesia, in India e nella Cina antica. La madre della Gallia era Cerridwen, dea del grano. In Scandinavia c'era Freyja, dea dei solchi e delle querce. In tutti questi posti, e la lista non è certo completa, la figura ha qualità comuni. È compagna della dea della fertilità, connessa con l'amore, gli animali, la luna e la rugiada.
Ishkara, Ishtar e Iside
Nella leggendaria città di Ebla (nell'antica Siria) già nel III millennio a.C. s’inneggiava a Ishkara, Signora dello Scorpione, dea della fertilità: “La regina, stella della sera che sorge raggiante… appare, altissima, e in tutte le terre le genti levano il volto verso di lei, l’uomo si consola, la donna si rallegra, il bue nel suo giogo volge la testa verso casa, pecore e capre si radunano… Gli innumerevoli asini e le capre di Shakan, gli animali del deserto, i prati e gli orti, i verdi boschi di canne, i pesci degli abissi, gli uccelli del cielo… Tutti gli esseri viventi, genti senza numero, s’inginocchiano davanti a lei”.
Gli antichi Egizi veneravano Iside. Si legge nel ‘Libro dei Morti’: “Grande Signora, datrice di vita… La divina, l’unica, Signora della Nuova Era, che fa levare il sole… Regina della terra, la più possente, Signora del tepore e del fuoco… Signora della vita, dei raccolti, del pane, dell’abbondanza, della gioia e della serenità”.
La dea del Gange
Nell’antica India echeggiavano canti di gioia a Gangashtakam, dea del Gange: “Le proboscidi degli elefanti e dei loro piccoli giocano con la tua acqua, fragrante di sciami d’api impazzíte, gocciolante dalla fronte degli elefanti che vi si bagnano. La tua corrente, bruna per il sandalo, gocciola dal seno delle donne Siddha che vi si bagnano. Le tue rive son coperte d’erba sacra e di fiori, che l’acqua del Gange ci protegga!”.
L’antica Grecia dei misteri
Nelle religione misteriche greche era ben presente il culto della natura, Physis, che negli Inni Orfici così è cantata: " O Natura, dea madre di tutti, madre dai molti accorgimenti, celeste, augusta, formatrice, signora, vittoriosa, invincibile, reggitrice, splendente, incorruttibile, primigenia, antica, gloriosa, notturna, infaticabile... gaudente di somma forza fiorita, coronata, diletta, ricca, esperta, guida, regolatrice, vivifica, nutrice di tutti... O dea, ti supplico dunque di portare nel tempo pace e salute, con felicità e accrescimento di tutte le cose".
I Greci, testimonia Apollonio Rodio, celebravano riti d’offerta negli altari di Cibele, antica divinità anatolica preposta alla fecondità, adorata anche come dea delle montagne e della natura. Il suo paredro era Attis, dio della vegetazione, nella cui festa primaverile veniva prima pianta la sua morte, poi accolta con gaudio la sua rinascita. Praticato in Lidia, il suo culto si diffuse nel V sec. a.C. dove la dea fu collegata a Demetra e identificata con Rea. Se Cibele gradiva, “ne apparivano limpidi segni: gli alberi davano frutti infiniti, la terra da sé, sotto i loro piedi, generava fiori dall’erba tenera i fiori; le belve, abbandonate le loro tane nella foresta, venivano incontro scodinzolando…”.
Sono bellissimi i versi con cui Callimaco, nel III secolo a.C., loda la dea dei campi: “Salve, Demètra, grande, ricca di messi, nutrice! Bianca così primavera, bianca l’estate ci rechi, bianchi l’inverno e l’autunno la grande dea sovrana, anno per anno a noi serbando i suoi doni… E come le vergini portano canestri ricolmi d’oro, d’oro abbondante così possiamo noi sempre gioire… Salve, o Demètra: difendi la pace, felice proteggi questa città; dei campi gli annui raccolti produci, fertili fa le greggi, i frutti e le spighe e le messi; anche la pace nutri, ché chi ha seminato raccolga”.
La romana Cerere
La dea che nel mondo romano accolse l'eredità di Demetra, Cerere, ha origini campane e fu fervidamente adorata, rappresentata col capo coronato di spighe e un mazzo di fiori e spighe in mano. Si celebravano per lei le feste Paganalia e Sementivae, dal 12 al 19 aprile le Cerealia, a fine maggio gli Ambarvali, una serie di riti per propiziare la fertilità dei campi. Il suo tempio presso il Circo Massimo fu fatto erigere dal dittatore Aulio Postumio durante la carestia del 495 a.C.
È sorprendente che leggende d'origini così diverse siano tuttavia così simili. La sola spiegazione possibile è che i miti rappresentano una realtà psicologica, percepita dai nostri antenati di queste popolazioni sotto la forma di un essere divino. Una donna.