Un Paese dalla storia antichissima, che talvolta si confonde con la leggenda. Come nel caso della regina di Saba. O del modo in cui si scoprì come tostare le prime bacche di caffè selvatico.
È la patria del caffè. Ma come recita lo slogan scelto per Expo Milano 2015 (“Etiopia, la radice del caffè e molto altro”) è parecchio di più: nientemeno che la culla dell’umanità. Qui sono stati trovati alcuni dei più antichi scheletri di ominidi, risalenti a 3-4 milioni di anni fa. E di quell’Eden primordiale l’Etiopia conserva ancora affascinanti paesaggi naturali, come le cascate del Nilo Azzurro e la selvaggia Valle dell’Omo. Questo era anche il Paese della leggendaria e ricchissima regina di Saba, di cui raccontano la Bibbia e il Corano, e il cuore dell’Impero di Axum, la prima civiltà avanzata dell’Africa Subsahariana, capace di elaborare un proprio alfabeto, il ge’ez, e di commerciare con tutto il mondo mediterraneo, arabo e indiano. All’apice del suo splendore, nel III-IV secolo d.C., quello axumita era considerato uno dei quattro grandi imperi del mondo, insieme a quello romano, persiano e cinese.
Il Signore delle api
In quello stesso periodo re Ezanà convertì il Paese al cristianesimo e, otto secoli più tardi, un altro sovrano molto devoto realizzò un’opera straordinaria: 11 chiese scavate interamente nelle viscere di un altopiano lavico, asportando pazientemente la roccia circostante come uno scultore da un blocco di marmo. Questo meraviglioso complesso prese il nome dal re che lo commissionò, Lalibelà, che in lingua agau significa “le api riconoscono la sua sovranità”. Una ben modesta annunciazione, verrebbe da pensare, se non fosse che proprio il miele è tutt’oggi una delle ricchezze dell’Etiopia. Sono ben quattro, nel Paese, i presidi Slow Food che riguardano questo alimento. Si va dal miele bianco di Bore, di consistenza quasi burrosa e aroma dolce, con una nota piccante nel finale, a quello bianco del Tigrai, meno omogeneo e dal profumo più delicato, non dolcissimo ma con un retrogusto persistente. Dal miele di Rira, di colore nocciola chiaro, consistenza cremosa e fragranza fruttata, con sentore di caramello e malto, a quello del vulcano Wenchi, più ambrato, con una grana finissima e una nota balsamica che ne rende fresco l’aroma.
Il miele è anche la base di alcuni preparati alcolici molto apprezzati, come l’idromele (tej). Ma nulla in confronto a quella che in Etiopia è considerata la regina di tutte le bevande: il caffè. Il termine stesso sembra derivi, secondo alcune fonti, da Kaffa, una regione nella parte sud-occidentale del Paese. È comunque dall’Etiopia che proviene, geneticamente parlando, tutto il caffè del mondo. Ancora adesso la sua coltura è fondamentale non solo per l’economia del Paese, per la quale rappresenta da sola un quarto del prodotto interno lordo, ma anche per la vita socio-culturale e spirituale del suo popolo.
In quello stesso periodo re Ezanà convertì il Paese al cristianesimo e, otto secoli più tardi, un altro sovrano molto devoto realizzò un’opera straordinaria: 11 chiese scavate interamente nelle viscere di un altopiano lavico, asportando pazientemente la roccia circostante come uno scultore da un blocco di marmo. Questo meraviglioso complesso prese il nome dal re che lo commissionò, Lalibelà, che in lingua agau significa “le api riconoscono la sua sovranità”. Una ben modesta annunciazione, verrebbe da pensare, se non fosse che proprio il miele è tutt’oggi una delle ricchezze dell’Etiopia. Sono ben quattro, nel Paese, i presidi Slow Food che riguardano questo alimento. Si va dal miele bianco di Bore, di consistenza quasi burrosa e aroma dolce, con una nota piccante nel finale, a quello bianco del Tigrai, meno omogeneo e dal profumo più delicato, non dolcissimo ma con un retrogusto persistente. Dal miele di Rira, di colore nocciola chiaro, consistenza cremosa e fragranza fruttata, con sentore di caramello e malto, a quello del vulcano Wenchi, più ambrato, con una grana finissima e una nota balsamica che ne rende fresco l’aroma.
Il miele è anche la base di alcuni preparati alcolici molto apprezzati, come l’idromele (tej). Ma nulla in confronto a quella che in Etiopia è considerata la regina di tutte le bevande: il caffè. Il termine stesso sembra derivi, secondo alcune fonti, da Kaffa, una regione nella parte sud-occidentale del Paese. È comunque dall’Etiopia che proviene, geneticamente parlando, tutto il caffè del mondo. Ancora adesso la sua coltura è fondamentale non solo per l’economia del Paese, per la quale rappresenta da sola un quarto del prodotto interno lordo, ma anche per la vita socio-culturale e spirituale del suo popolo.
Una benedizione dal cielo
Il caffè svolge infatti un ruolo fondamentale nella cultura locale dell’ospitalità, e i rituali della cerimonia del caffè, tra cui la sua tostatura, macinatura e infusione, sono centrali per lo stile di vita etiope. Invitare gli ospiti per un caffè è considerato un’opportunità offerta da Dio per fare del bene. A Expo Milano 2015 il padiglione dell’Etiopia, all’interno del Cluster del Caffè, offre ai visitatori la possibilità, tra le altre cose, di godere di una tradizionale cerimonia del caffè e gustare le varietà coltivate localmente.
Il caffè svolge infatti un ruolo fondamentale nella cultura locale dell’ospitalità, e i rituali della cerimonia del caffè, tra cui la sua tostatura, macinatura e infusione, sono centrali per lo stile di vita etiope. Invitare gli ospiti per un caffè è considerato un’opportunità offerta da Dio per fare del bene. A Expo Milano 2015 il padiglione dell’Etiopia, all’interno del Cluster del Caffè, offre ai visitatori la possibilità, tra le altre cose, di godere di una tradizionale cerimonia del caffè e gustare le varietà coltivate localmente.