Il pantheon alimentare della Grecia classica è dominato dalla triade grano, vigna, olivo. Ecco le zuppe d'orzo, l’acqua tagliata con aceto e i paesaggi del Mediterraneo nelle parole di Ippocrate e di Galeno.
Il pane, il vino e l'olio (e i vegetali dai quali sono estratti) simboleggiano la civiltà, ovverosia ciò che separa l'uomo dal barbaro. Per gli antichi Greci la triade grano-vigna-olivo è molto di più di una semplice base alimentare.
Nel giuramento di fedeltà alla patria che i giovani ateniesi pronunciavano nel santuario di Pan Agraupos, quando varcavano la soglia delI'età adulta, la patria era definita, secondo Plutarco, come la terra in cui "crescono il grano, la vite e l'olivo". In effetti i Greci piantarono tali colture in tutti i loro insediamenti. Uno spuntino di buon pane, vino, olio d'oliva, fichi e miele rappresenterebbe anche oggi un buon pasto.
L'antica Grecia è la civiltà del grano
I cereali coprivano all'incirca l'80 per cento del fabbisogno calorico degli Ellenici, mentre grassi e proteine erano forniti da legumi e olio. A partire dall'età del bronzo, al grano si affianca l'orzo. Lo storico greco Ateneo di Nausicratis ebbe modo di censire sessantadue varietà di pane, con o senza lievito, con farine dei più svariati cereali, bianchi o integrali, cotti sotto la cenere o al forno. C'erano focacce unte, condite, aromatizzate con miele e sesamo o col vino. Ma è la maza, consumata in tutto il mondo ellenico, l'alimento nazionale. Si tratta di farina d'orzo addizionata ad acqua, miele o latte consumata sia fresca, come pappina, sia secca, sia sotto forma di galletta, o come piatto di portata.
L'alimentazione si basava quindi su zuppe di cereali e di pane, accompagnate da olio d 'oliva, ortaggi, vino e qualche pezzetto di formaggio di pecora o di capra. le rive del mare o dei fiumi, s'aggiungono al menù pesci o crostacei. Selvaggina o carne durante le cene più sontuose ele festività, forse anche nell'ambito dei sacrifici animali dedicati alle svariate divinità. È ipotizzabile che di carne, comunque, non se ne consumassero in genere più di uno o due chilogrammi a persona all'anno. Un trattatello di G. J. Barthélemy del 1788 conferma la presenza, nei banchetti, di ostriche, selvaggina, uccelli, uova, pesci e crostacei, olive, uve di vari tipi e tutti i condimenti ancora oggi in uso: sale, pepe, olio, erbe, aceto, miele.
La dieta di Ippocrate
Per i Greci era dunque impossibile fare a meno del grano, dell'orzo o delle verdure: sono queste peraltro le derrate alimentari che nelle città venivano anche accantonante per far fronte all'eventualità di un assedio. Si deve a un medico greco, Ippocrate, l'importanza del concetto di dieta e alimentazione all'interno della dottrina degli umori, nonché un'analisi completa dell'alimentazione dei suoi contemporanei. Nel trattato Della dieta nel Corpus hippocraticum che comprende una settantina di scritti composti tra la metà del V sec. e la metà del IV a.C. il padre della medicina cita in prima battuta l'orzo e il pane d'orzo, assieme alle zuppe che avevano come base tale cereale, come la maza (farina d'orzo stemperata con acqua, olio, miele o latte) e il cyceon, la bevanda sacra del santuario di Eleusi, a base di farina d'orzo precotto con aggiunta d'acqua, di miele o di latte di mucca, capra, pecora, asina o giumenta e profumata con della menta. Seguono il grano e il pane di grano, cotto al forno, sotto la cenere o alla griglia, poi il farro e l'avena. Poi ancora le fave, gli altri legumi (piselli, ceci, lenticchie o vecce), i semi (miglio, lino, sesamo, cartamo, papavero). Poste in tal modo le basi dell'alimentazione, Ippocrate parla dei contorni: carni (non mancando comunque di sottolineare quanto sia indigesta quella di bue), pesce, uova, formaggio e miele. Passa poi al vino, a suo avviso il migliore tra i beveraggi, mentre invece l'acqua non è raccomandabile. La si dovrebbe addizionare con un po' d'aceto per renderla più "digeribile". Si tratta comunque di diffidenza verso condizioni igieniche presumibilmente non impeccabili. Vengono poi gli ortaggi, fra cui al primo posto troviamo l'aglio e la cipolla, e per finire le piante aromatiche.
L'olivo, il fico e il melograno
Si può accostare quest'elenco alla descrizione fatta da Plinio il Vecchio della regione di Tacarpa (l'attuale città di Gabes, in Tunisia): "All'ombra della fiera palma spunta l'olivo, sotto l'olivo il fico, sotto il fico il melograno, sotto quest'ultimo la vite, sotto la vite il grano, poi legumi, infine le insalate" (Storia naturale, Libro XVIII, 118). Un testo risalente al IV secolo a.C. precisa che la città di Delfi deve fornire ai pellegrini ivi giunti per effettuare le loro devozioni il giorno stesso del loro arrivo "maza (alimento d'orzo), nonché carne e vino a piacimento".
L'attenzione degli antichi studiosi per la dieta è testimoniata da Galeno, che nel trattato dal modernissimo titolo La dieta dimagrante (Peri leptynouses diaites) pubblicato intorno al 180 d.C. offre suggerimenti che appaiono ancora oggi ragionevoli: meglio le verdure dei cereali; non eccedere con la carne, specie quella di maiale; limitare i latticini. D'altronde, scriveva Galeno, "la dieta è l'arma più potente della medicina". Un’intuizione modernissima, che si potrà confrontare in Expo Milano 2015 con la ricchissima varietà degli stili alimentari attuali.