Attivista politico e critico letterario britannico, ha dedicato la vita a favore del passaggio degli uomini a una dieta vegetariana. Per motivi morali: il dovere etico di non uccidere altre forme di vita animale.
Riformatore sociale e scrittore inglese, Henry Stephens Salt (1851–1939) è autore di una quarantina di opere, sia di critica letteraria sia di attivismo politico. Nel 1886, a 35 anni, pubblica il suo primo scritto sull'etica vegetariana, A Plea for Vegetarianism (Appello per il vegetarianismo), su cui baserà un'ininterrotta attività, sia come autore che come militante, in difesa dei diritti degli animali. Nel 1891 fonda la Humanitarian League per combattere la disuguaglianza e l'ingiustizia verso gli esseri umani (Salt fu attivista politico per l'abolizione della pena di morte e per la riforma del sistema carcerario), ma anche per combattere le crudeltà commesse ai danni delle altre specie. Tra le campagne più importanti, quella contro la pena di morte nonché quelle contro la caccia e la vivisezione.
I diritti animali
È Salt a coniare l'espressione Animal Rights, difendendo i diritti animali in numerose opere fra le quali “Animals' Rights: Considered in Relation to Social Progress” (I diritti animali considerati in relazione al progresso sociale). Pubblicata nel 1894, è considerata la prima trattazione sui diritti animali della filosofia contemporanea. Rivendica per gli animali una considerazione che vada oltre il semplice benessere, riconoscendone l’individualità e, conseguentemente, la titolarità di veri e propri diritti, analoghi nella natura a quelli umani e, semmai, differenti nella misura. Tra questi, ovviamente, il diritto a non essere uccisi per diventare cibo. Un’interessante perorazione della bontà della scelta di non nutrirsi degli animali è contenuta in un testo del 1914 scritto per la britannica Vegetarian Society dal titolo “The Humanities of Diet” (pubblicato recentemente in Italia da Castelvecchi col titolo “L’etica vegetariana”) nel quale costruisce una breve e veloce, ma densa, fondazione “filosofica” del vegetarianesimo.
È Salt a coniare l'espressione Animal Rights, difendendo i diritti animali in numerose opere fra le quali “Animals' Rights: Considered in Relation to Social Progress” (I diritti animali considerati in relazione al progresso sociale). Pubblicata nel 1894, è considerata la prima trattazione sui diritti animali della filosofia contemporanea. Rivendica per gli animali una considerazione che vada oltre il semplice benessere, riconoscendone l’individualità e, conseguentemente, la titolarità di veri e propri diritti, analoghi nella natura a quelli umani e, semmai, differenti nella misura. Tra questi, ovviamente, il diritto a non essere uccisi per diventare cibo. Un’interessante perorazione della bontà della scelta di non nutrirsi degli animali è contenuta in un testo del 1914 scritto per la britannica Vegetarian Society dal titolo “The Humanities of Diet” (pubblicato recentemente in Italia da Castelvecchi col titolo “L’etica vegetariana”) nel quale costruisce una breve e veloce, ma densa, fondazione “filosofica” del vegetarianesimo.
Vegetarismo per etica
Perché diventare vegetariani? La scelta di non mangiare animali non è dovuta principalmente a ragioni di salute o economiche, sostiene Salt, ma si fonda su una chiara decisione etica. Il vegetarianismo, fin dai tempi dei pensatori buddisti e pitagorici, è stato una forma radicale e consapevole di umanismo, fondata sul rispetto incondizionato di tutte le forme di vita. Con argomentazioni lucide e prive di fanatismo, percorse da una logica ferrea e a tratti ironica, Salt ci esorta a liberare gli animali dalla condanna ad essere gli ospiti involontari della nostra tavola.
“Le vittime dei carnivori umani sono nutrite, allevate, predestinate sin dall'inizio alla macellazione finale, così che il loro intero modo di vita è programmato a tal fine, è alterato dal suo standard naturale ed esse non sono più nient'altro che carne animata. [...]
Occorre coltivare un ampio senso di universale giustizia (non di pietà) verso tutti gli esseri viventi. Non è una richiesta di pietà, ma di giustizia. Se si è appurato che i diritti esistono, e sentimenti e costumi indubbiamente provano che esistono, essi non possono coerentemente essere concessi all'uomo e negati agli animali, poiché lo stesso senso di giustizia si applica in entrambi i casi.”
Perché diventare vegetariani? La scelta di non mangiare animali non è dovuta principalmente a ragioni di salute o economiche, sostiene Salt, ma si fonda su una chiara decisione etica. Il vegetarianismo, fin dai tempi dei pensatori buddisti e pitagorici, è stato una forma radicale e consapevole di umanismo, fondata sul rispetto incondizionato di tutte le forme di vita. Con argomentazioni lucide e prive di fanatismo, percorse da una logica ferrea e a tratti ironica, Salt ci esorta a liberare gli animali dalla condanna ad essere gli ospiti involontari della nostra tavola.
“Le vittime dei carnivori umani sono nutrite, allevate, predestinate sin dall'inizio alla macellazione finale, così che il loro intero modo di vita è programmato a tal fine, è alterato dal suo standard naturale ed esse non sono più nient'altro che carne animata. [...]
Occorre coltivare un ampio senso di universale giustizia (non di pietà) verso tutti gli esseri viventi. Non è una richiesta di pietà, ma di giustizia. Se si è appurato che i diritti esistono, e sentimenti e costumi indubbiamente provano che esistono, essi non possono coerentemente essere concessi all'uomo e negati agli animali, poiché lo stesso senso di giustizia si applica in entrambi i casi.”
Eredità culturale
Salt ha avuto una larga e progressiva influenza nel dibattito culturale sviluppatosi a cavallo dei due secoli nel mondo di lingua inglese e negli ambienti tardopositivistici internazionali intorno ai temi morali e umanitari. Alle emergenti istanze di emancipazione degli individui e delle classi subordinate egli saldava in maniera pressoché “naturale” i diritti degli animali. Attirò personalità dagli interessi molteplici e variegati, collegati proprio dal fil rouge dell’avanzamento e del progresso dei diritti: fu amico di Gandhi, Tolstoj (anch’egli vegetariano), Rudyard Kipling e altre personalità celebri. Fu amico e "scopritore" di George Bernard Shaw (anch'egli vegetariano), facendo in modo di farlo assumere come recensore di testate con le quali collaborava. La sua influenza culturale su Mahatma Gandhi fu profonda, tanto da indurlo ad affermare nella sua autobiografia di essere stato sì allevato vegetariano, ma di esserlo diventato per scelta solo dopo aver letto i libri di Salt.
Non c’è dubbio: tutti coloro che oggi, in Italia e nel mondo, scelgono la dieta vegetariana per motivi etici sono, anche inconsapevolmente, un po’ “nipotini” di Salt.
Salt ha avuto una larga e progressiva influenza nel dibattito culturale sviluppatosi a cavallo dei due secoli nel mondo di lingua inglese e negli ambienti tardopositivistici internazionali intorno ai temi morali e umanitari. Alle emergenti istanze di emancipazione degli individui e delle classi subordinate egli saldava in maniera pressoché “naturale” i diritti degli animali. Attirò personalità dagli interessi molteplici e variegati, collegati proprio dal fil rouge dell’avanzamento e del progresso dei diritti: fu amico di Gandhi, Tolstoj (anch’egli vegetariano), Rudyard Kipling e altre personalità celebri. Fu amico e "scopritore" di George Bernard Shaw (anch'egli vegetariano), facendo in modo di farlo assumere come recensore di testate con le quali collaborava. La sua influenza culturale su Mahatma Gandhi fu profonda, tanto da indurlo ad affermare nella sua autobiografia di essere stato sì allevato vegetariano, ma di esserlo diventato per scelta solo dopo aver letto i libri di Salt.
Non c’è dubbio: tutti coloro che oggi, in Italia e nel mondo, scelgono la dieta vegetariana per motivi etici sono, anche inconsapevolmente, un po’ “nipotini” di Salt.