Filosofo, psicoanalista, docente universitario, Umberto Galimberti è uno degli autori del libro della mostra "Arts & Foods. Rituali dal 1851" alla Triennale di Milano dal 9 aprile.
Dubbi sulla sicurezza dei cibi Ogm, conseguenze della globalizzazione sulla cultura gastronomica locale e significato simbolico sottostante al bisogno odierno di mettersi a dieta. Il celebre filosofo e psicoanalista indaga con la profondità di pensiero che lo contraddistingue, alcune delle sfide dell’alimentazione dei tempi moderni.
Dieta vegana, crudismo, dieta Dukan. Nel suo libro Vizi Capitali e Nuovi Vizi del 2003, lei ha paragonato le diete e i regimi alimentari di moda oggi ad una reintroduzione moderna di discipline antiche come la mortificazione e l’astinenza. Le diete e l’esercizio fisico, oggi come ieri, secondo lei non servono tanto a garantire la salute del corpo quanto a mantenere l’equilibrio interiore. Non è cambiato nulla?
Gli esercizi spirituali dei filosofi e dei religiosi sono stati semplicemente sostituiti dagli esercizi ginnici e dalle diete che non servono tanto a rimanere magri, quanto accettati dagli altri. La paura di ingrassare non nasconde altro che la paura di essere esclusi socialmente.
Digiuno. Anche il digiuno ha la sua considerevole schiera di seguaci. Come mai?
Perché la pratica del digiuno non fa altro che posporre la soddisfazione di un bisogno primario, quello di sfamarsi ed è attraverso questo posticipare che l’io si controlla e si dà una forma. Mentre il digiuno può essere considerata una virtù in Oriente, in Occidente è diventato solo una dieta tesa a soddisfare un ideale narcisista, che vuole un corpo magro e alla moda. In molti Paesi, tuttavia, il digiuno è una necessità perché non vi è cibo a sufficienza per sfamarsi più volte al giorno. Questo dovrebbe portarci ad avere dei sensi di colpa e a rivedere molte delle nostre abitudini alimentari, per esempio lo spreco di cibo.
Lei ha scritto che la globalizzazione ha prodotto, tra tante conseguenze, anche cibi sempre più omologati con la progressiva perdita del senso del gusto. Cosa è accaduto ai cibi di una volta?
Quello che è accaduto è che la globalizzazione ha ucciso i sapori della tradizione, che evocavano una memoria ed una identità culturale, infatti oggi la cucina locale è diventata un lusso, soppiantata da ristoranti di sushi e kebab take away. Se provate a mangiare un risotto con l’osso buco a Milano, scoprirete che costa più dell’aragosta.
Si mangia sempre più carne, nel mondo. In molti Paesi in via di sviluppo il consumo si è impennato e, secondo il rapporto World Livestock 2011 della Fao, è destinato a crescere di circa il 73% entro il 2050. C’è, in questo, una motivazione antropologica?
La carne è un alimento carico di simbolismo. Il nostro immaginario è stato abituato, per secoli, a vedere nella carne una relazione con il sesso, il potere e la sacralità. Secondo l’antropologo Craig B. Stanford, chi si ciba di carne esibisce il proprio status sociale, cioè la propria posizione all’interno della propria comunità, quindi alla base di un’alimentazione carne non vi è solo il tentativo di cibarsi di proteine nobili, ma quello di manifestare il proprio potere, sessuale e politico.
Ogm. Nel suo prossimo libro lei cita anche gli Ogm. Può anticiparci in che termini ne tratta?
Così come era difficile un tempo, oggi è tornato ad essere problematico procurarsi del cibo non pericoloso. Mediamente, oggi si mangia meglio che in passato, ma per farlo abbiamo inquinato l’acqua e l’aria e anche l’incidenza di malattie come i tumori è più alta che in passato. Anche i prodotti Ogm, che sono belli esteticamente, sono un’incognita, perché non possiamo sapere ancora se siano o meno velenosi per il fisico. Di certo si sa che sono un business in mano a poche persone o a società che obbligano i contadini a ricomprare ogni anno i semi dei raccolti. Da questo punto di vista non è cambiato nulla. Come nel passato, il cibo è a disposizione di pochi.
Diogene adorava il polpo crudo, Freud il bollito, Rousseau i latticini. Quali sono i suoi piatti preferiti?
Il pesce crudo e la pancetta.
Digiuno. Anche il digiuno ha la sua considerevole schiera di seguaci. Come mai?
Perché la pratica del digiuno non fa altro che posporre la soddisfazione di un bisogno primario, quello di sfamarsi ed è attraverso questo posticipare che l’io si controlla e si dà una forma. Mentre il digiuno può essere considerata una virtù in Oriente, in Occidente è diventato solo una dieta tesa a soddisfare un ideale narcisista, che vuole un corpo magro e alla moda. In molti Paesi, tuttavia, il digiuno è una necessità perché non vi è cibo a sufficienza per sfamarsi più volte al giorno. Questo dovrebbe portarci ad avere dei sensi di colpa e a rivedere molte delle nostre abitudini alimentari, per esempio lo spreco di cibo.
Lei ha scritto che la globalizzazione ha prodotto, tra tante conseguenze, anche cibi sempre più omologati con la progressiva perdita del senso del gusto. Cosa è accaduto ai cibi di una volta?
Quello che è accaduto è che la globalizzazione ha ucciso i sapori della tradizione, che evocavano una memoria ed una identità culturale, infatti oggi la cucina locale è diventata un lusso, soppiantata da ristoranti di sushi e kebab take away. Se provate a mangiare un risotto con l’osso buco a Milano, scoprirete che costa più dell’aragosta.
Si mangia sempre più carne, nel mondo. In molti Paesi in via di sviluppo il consumo si è impennato e, secondo il rapporto World Livestock 2011 della Fao, è destinato a crescere di circa il 73% entro il 2050. C’è, in questo, una motivazione antropologica?
La carne è un alimento carico di simbolismo. Il nostro immaginario è stato abituato, per secoli, a vedere nella carne una relazione con il sesso, il potere e la sacralità. Secondo l’antropologo Craig B. Stanford, chi si ciba di carne esibisce il proprio status sociale, cioè la propria posizione all’interno della propria comunità, quindi alla base di un’alimentazione carne non vi è solo il tentativo di cibarsi di proteine nobili, ma quello di manifestare il proprio potere, sessuale e politico.
Ogm. Nel suo prossimo libro lei cita anche gli Ogm. Può anticiparci in che termini ne tratta?
Così come era difficile un tempo, oggi è tornato ad essere problematico procurarsi del cibo non pericoloso. Mediamente, oggi si mangia meglio che in passato, ma per farlo abbiamo inquinato l’acqua e l’aria e anche l’incidenza di malattie come i tumori è più alta che in passato. Anche i prodotti Ogm, che sono belli esteticamente, sono un’incognita, perché non possiamo sapere ancora se siano o meno velenosi per il fisico. Di certo si sa che sono un business in mano a poche persone o a società che obbligano i contadini a ricomprare ogni anno i semi dei raccolti. Da questo punto di vista non è cambiato nulla. Come nel passato, il cibo è a disposizione di pochi.
Diogene adorava il polpo crudo, Freud il bollito, Rousseau i latticini. Quali sono i suoi piatti preferiti?
Il pesce crudo e la pancetta.
Arts & Foods. Rituali dal 1851 è la mostra a cura di Germano Celant alla Triennale di Milano dal 9 aprile al 1 novembre 2015. In questa mostra l’arte si incontra con i temi della nutrizione: si indaga il rapporto tra le arti e i diversi rituali del cibo nel mondo in una lettura storica sull’influenza estetica e funzionale dell’alimentazione sui linguaggi della creatività.